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#FashionExpress – #MFW: Philipp Plein

Si ritorna dopo anni ad una sfilata di Philipp Plein, come di consueto le cose sono fatte in grande e con la tipica grandezza che ha sempre contraddistinto il carattere del marchio.
Un carisma egolatrico, che contraddistingue qualunque manifestazione di Plein, animo rock, attitudine spavalda di una donna che rincorre se stessa lungo le strada della movida. L’animo rock è nella sua genesi e non si smentisce facendo salire sul palco La Sad che, dopo il loro debutto a Sanremo 2024, dedicano la loro energia al pubblico della moda.

La collezione si divide tra sbrilluccichii e denim, lacerature e spacchi, installazioni e irregolari matrici per delineare l’attitudine che solo Plein riesce a trasferire tra virilità spartana e ricercatezza che grida al bisogno di apparire nel tempio del mondo come somme divinità opulente e pronti a ricevere dagli altri attestati di stupore fascino. Un elogio al mondo della notte, dello spettacolo e della mise en scène, mentre si racconta la quotidianità di una donna sensualmente consapevole che cerca, in ogni suo outfit, lo sguardo stupito degli interlocutori con i quali instaura dialoghi di provocazione e seduzione. E l’uomo? Accoglie il suo intrinseco vigore, ne fa urlato paradigma e si declina anch’esso in mezzo a lucide icone dello stile rock strass e maxi accessori, come a portarsi dietro il bagaglio della vita, quell’esperienza che lo rende seduttore, aggressivo predatore, spesso sovrattono, per un ritmo rock and roll.

Non mancano trasparenze a fare da cornice alla dimensione Icon della femme fatale di Philipp Plein che si dipinge come una moderna amazzone, un po’ Kill Bill un po’ Erinni, che domina lo skateboard come farebbe con un equino imbizzarrito. Il punto di riferimento rimane la contemporaneità, anche nella ricerca delle fonti di ispirazione che si alternano tra i riferimenti musicali e quelli del grandi cult. Oscilla tra una connotazione sputatamente teen ed una ricercatezza più sofisticata, fino a citare il mondo del college americano e il trench della solida Inghilterra, non perdendo il suo tocco e includendo una fodera animalier su un nude. Con una curiosa trasversalità si crea un dibattito tra le varie fonti iconiche di questi ultimi decenni con salti tematici che ripercorrono gli anni ’70, ’80 e oltre.
Irridiscente, stroboscopica e sfacciata queste le lezioni di stile che vuole imporre la collezione di Philipp Plein.

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