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Perplimiti, oh luce, dinnanzi a Patricio Parada

Si mozza il fiato tagliato da raggi lucenti e suadenti. Racconta la sua storia Patricio Parada, dietro al genio creativo degli istinti più lontani e stringenti.

Viviamo di solari ricordi che brillano tra memorie scure e levigate gioie. Lì la memoria deve concretizzarsi dietro a curve sinuose e giochi di trasparenze, il metallo ne diventa plastica definizione. L’oro, l’argento, il rame e via discorrendo, dal nobile al “volgare” – metallo- per lasciar così tra una luce ed un’ombra, tra la trasparenza e morbidezza come tessuti, solidi oggetti che coronano il corpo diventando scultura dell’intimo petto pudicamente ricoperto.
 
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Intimo dettaglio discreto e seduttivo, qual mistura di sorgenti solitarie nel corpo diventano Luce di ricerca e voglia di suscitare la curiosità. Si sà in fondo la donna è curiosità; gatta che fusa dopo fusa riesce a raccogliere un piccolo cenno di carezza, solo al suo volere, e nella sua grazia e ricercata vanità, trova nell’orpello di beltà il senso stesso del suo tormentato esistere tra il bello e la sua inadeguatezza esistenziale. Si muove leggera ma leggera non è, come la foglia del nostro gioiello che come piuma si posa, pare mossa dal vento e dalla luce, eppure il suo peso la tiene comodamente adagiata sul lobo; a sussurar d’amori e forse inganni od a meglio sognar placide e delicate illusioni. Reali siamo accolti dallo sguardo che stringe una mano, un polso fermo cinto da ricami e merletti sanciti ad ogni loro nodo dalla poesia materica che tradotta diventa foro e linea: purezza in armonia. Nel canto di questa delicatezza non traspare, e qui la citiamo, la fermezza, il dono del metallo di diventar liquida materia e solida scultura, fino a giungere a trasformarsi in gioiello, design, scultura.
 
 
Abbiamo già parlato delle sculture di luce di Patricio Parada qui.
 

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