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E Se Mario Dice “Carmen c’est moi”?

Mario Dice ha presentato ieri a Milano la nuova collezione ispirata al mondo gipsy, alla sua interpretazione di un viaggio di questo nomade popolo spesso discusso e travagliato dietro a persecuzioni e difficili vissuti.

Storie di donne che, senza terra, trovano nel luogo in cui si stabilizzano l’essenza del loro stesso essere; non appartengono ad un luogo ma alla complessità stessa della natura e dell’animo umano. Carmen sogna l’amore, canta i suoi sogni ed i suoi desideri, li vede come parte di una natura nascosta che si oppone all’umano intelligere per lasciarsi andare alle emozioni naturali, ribelli e quindi per definizione nemiche del conformismo umano. Pure ed assorte su oniriche valli fatte tanto di tristi realtà quanto di sognanti visioni di un amore da favola. La Callas canta con far provacante e provocatorio:
 

“L’amour est un oiseau rebelle
Que nul ne peut apprivoiser”

 

 
Ed è cosi, lontani da “patetiche” legature e su dolci note, che la voce audace vola in molteplici direzioni come i ricami preziosi e le trasparenze mordaci. Un legittimo incontro tra due amanti che temono di esistere e di manifestarsi, un luogo di culto in cui le preghiere di un uomo vile non possono incontrare l’arrogante femminilità di una creatura pura e solitaria come la donna firmata Mario Dice. Il crescendo di respiri si racchiude in un bel canto che suadente vibra e morde le membra maschili intorpidite dallo scenario di magica austerità, nulla sta al caso nelle nostre gitane, “dicono” come vogliono apparire sul suolo della contemporaneità: ambigue come il lemma bohème. Scritte su danze a piedi nudi per non destar rumore né sospetto, in questa metropolitana esistenza Mario Dice non ferma il loro dinamico incedere, ma lo trasforma in un delicato flamenco, in punta di piedi appunto, una punta di piede che si fa sentire solo quando è scelta di ritmo di questa amazzone, batter quel meraviglioso tempo di danza chiamato vita. Tempi che trascendono l’effimero per concentrarsi sulla complessità dell’anima sulla sua sensuale trasparenza, sulla sua delicatezza fatta di pizzi ed organze, su i suoi morbidi volumi.
 

“Mais si je t’aime, si je t’aime
Prends garde à toi!”

 

 
Stiamo attenti allora ad un sapore misterioso che dietro alla delicatezza di questo bucolico ed ancestrale amore, cela una forza ed un impeto tale che la donna di oggi forse si dimentica di avere depositato nella sua più intima natura, quella Bohemien, scavalcata da schemi e sovrastrutture che attende il miracolo dei fiori e dei profumi traghettati dall’Andalusia alla Camargue, spezie e macchia mediterranea che inebria trame ed orditi con sentori che parlano di magia e spirito, di purezza ed arroganza, di coraggio ed in fine del grande viaggio attraverso la bellezza interiore della donna. Ninfe in dionisiache celebrazioni, che attorno al fuoco dell’esistenza scrutano la banalità del genere umano con la superiore consapevolezza dell’animo puro. Indossate queste sacre vesti a loro non rimane che inebriar di questo incantesimo il genere umano. L’inizio per Mario Dice di un percorso tra arti e misteri, tra iniziazioni ed elevazioni, un ingresso nel mondo del fatato che da ora attende solo di esser celebrato.
 


 

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