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Architettura e Design

L’Expo 2015: incontro di culture e tempio dell’innovazione

In questo periodo si sente parlare continuamente dell’Expo 2015 di Milano. A pochi giorni dall’apertura dei cancelli pare che tutta l’Italia sia, giustamente, in fermento. Ma, a mio parere, un po’ per via degli scandali che hanno scandito la realizzazione del sito, un po’ per mettere l’accento sulla grande opportunità di sviluppo turistico ed economico che l’Expo rappresenta, i grandi media hanno trattato in maniera superficiale il suo significato culturale e la storia, plurisecolare, che la accompagna.

Per cominciare sento che è doveroso fare una precisazione sul nome: Expo infatti è soltanto una comoda abbreviazione di Esposizione Universale, espressione dal sapore antico e démodé che però esemplifica alla perfezione quello che è lo spirito e l’obiettivo di questa manifestazione. Non è soltanto una vetrina, come spesso la sento definire, ma il luogo d’incontro per eccellenza di tutte le culture, ogni nazione arriva con il suo bagaglio storico ma porta con sé i suoi progetti più innovativi. L’unico altro evento il cui spirito è paragonabile dal punto di vista antropologico sono le Olimpiadi, ma solo durante l’Esposizione Universale quello spirito si traduce in una condivisione di idee e di progetti, espressione più alta degli ideali illuministici.
Proprio nel secolo dei Lumi è da ricercare l’origine dell’Esposizione Universale infatti, nonostante la prima Expo riconosciuta ufficialmente dal Bureau International des Expositions (BIE), organismo che coordina e regolamenta tutte le manifestazioni di questo tipo, sia quella di Londra del 1851, sin dal 1756 si trovano esempi di eventi che ne anticipano il carattere globale ed innovativo.
Dal punto di vista prettamente architettonico l’Esposizione Universale, oltre ad essere di fondamentale importanza per le strutture, sia fisse che temporanee, realizzate dal paese ospitante, introduce una tipologia completamente nuova, quella del padiglione espositivo. Progettati per essere smontati alla fine della manifestazione, i padiglioni non devono rispondere a tutta una serie di problematiche che una struttura fissa invece crea, prime su tutte la durata nel tempo e l’impatto ambientale, ed è proprio grazie a questa loro intrinseca componente effimera che fin dalla prima edizione dell’Expo hanno rappresentato un tripudio di sperimentazione di forme, materiali e tecniche di realizzazione e, in alcuni casi, sono arrivati a dettare i canoni dell’architettura degli anni successivi.
Ecco dunque una rapida carrellata di alcune delle opere realizzate per le Esposizioni Universali che hanno segnato la storia dell’architettura.
 
Crystal Palace, Esposizione Universale di Londra (1851)
Crystal-Palace
La prima Esposizione Universale si apre con questa struttura progettata da Joseph Paxton, una delle prime mai realizzate nella storia in ferro e vetro, nata come struttura temporanea, alla fine dell’esposizione venne smontata e riassemblata in un altro sito, dove è rimasta fino al 1936 quando venne distrutta in un incendio. Ha dettato i canoni estetici per più di mezzo secolo, tutta l’architettura in ferro e vetro dalla seconda metà dell’ottocento fino alla Belle Epoque, nasce da questo progetto.
 
Tour Eiffel, Esposizione Universale di Parigi (1889)
Desc: View of Exposition Universelle (Universal Exhibition), Paris, France, 1889, engraving ¥ Credit: [ The Art Archive / MusŽe Carnavalet Paris / Dagli Orti ] ¥ Ref: AA371361
Sarebbe inutile dilungarsi. Costruita come monumento temporaneo per l’Esposizione come simbolo del progresso tecnologico, fu reputata talmente bella e significativa da non venire mai smontata e diventare il simbolo della città di Parigi.
 
Padiglione tedesco, Esposizione Universale di Barcellona (1929)
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Progettato da Ludwig Mies van der Rohe, gigante dell’architettura, uno dei fondatori del Movimento Moderno e autore dell’iconica frase “Less is more”, il padiglione di Barcellona, anche se forse poco conosciuto dai non addetti ai lavori, è una delle opere di architettura più significative di tutto il novecento. Frutto della ricerca teorica di Mies sulla pianta libera a sulla fluidità degli spazi, è caratterizzato da un’estetica raffinata e senza tempo. Venne distrutto nel 1930 per poi essere fedelmente ricostruito negli anni ottanta. Ancora oggi, a distanza di poco meno di un secolo, alla domanda “Qual è l’opera di architettura più perfetta?”, buona parte degli architetti e degli storici dell’architettura rispondono immancabilmente “Il padiglione di Mies”.
 
Padiglione Philips, Esposizione Universale di Bruxelles (1958)
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Il “Poème électronique” venne progettato da Le Corbusier come spazio espositivo della Philips; è stata la prima opera di architettura multimediale della storia, un connubio, impensabile per l’epoca, di luci, suoni, immagini e forme astratte. Caratterizzato dalla totale assenza di superfici piane e verticali, è stato uno degli edifici che ha spianato la strada alle sperimentazioni architettoniche degli anni successivi.
 
Atomium, Esposizione Universale di Bruxelles (1958)
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Progettato dall’architetto André Waterkeyn come tributo al progresso tecnico scientifico, rappresenta i nove atomi che compongono un cristallo di ferro. Al suo interno si trovano spazi espositivi, la zona ristorazione e il belvedere. L’imponente struttura alta 102 metri non venne mai rimossa e ad oggi è uno dei simboli più famosi della città di Bruxelles.
 
Space Needle, Esposizione Universale di Seattle (1962)
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Anche questa torre, progettata per accogliere l’area destinata ai ristoranti durante l’Expo, è diventata il monumento simbolo di Seattle, oltre che uno dei set favoriti per pubblicità, film, video musicali, serie televisive e servizi fotografici.
 
Puente del Alamillo, Esposizione Universale di Siviglia (1992)
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Ponte strallato progettato da Santiago Calatrava per attraversare il Guadalquivir e raggiungere il sito dell’Expo sull’isola de La Cartuja; insieme alle altre opere di Calatrava è uno degli esempi più significativi di connubio fra ingegneria strutturale all’avanguardia e bellezza architettonica.
 
Padiglione portoghese, Esposizione Universale di Lisbona (1998)
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Progettato da Alvaro Siza (premio Pritzker nel 1992), uno dei geni indiscussi dell’architettura contemporanea, è uno degli esempi di come ancora oggi l’architettura possa essere unica ed innovativa senza però perdere di vista quello che viene definito “genius loci”, il carattere intrinseco che ogni luogo ha, che troppo spesso passa in secondo piano per lasciare spazio alla spettacolarità. Caratterizzato da un’armonia scultorea, da un’imponente copertura che richiama il movimento delle onde del mare e da uno studio meticoloso degli spazi, assume un’aura immanente ma allo stesso tempo eterea. Nonostante sia un’opera relativamente recente, è già presente in moltissimi manuali di architettura ed è elemento imprescindibile di qualunque corso di composizione architettonica.
 
Padiglione Italia, Esposizione Universale di Shanghai (2010)
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Per concludere questa rapida carrellata, non posso fare a meno di menzionare il padiglione che l’Italia ha presentato all’ultima Expo a Shanghai. Progettato dall’architetto Giampaolo Imbrighi ha come suo punto di forza l’impiego del calcestruzzo trasparente, materiale innovativo progettato appositamente per il padiglione, dalle caratteristiche strutturali molto simili a quelle di un cemento tradizionale ma capace di assumere trasparenze che ricordano quelle della carta di riso. Struttura regolare che richiama un semplice parallelepipedo, evidenziata però da tagli a tutta altezza e da un angolo completamente vetrato. È stato uno dei padiglioni internazionalmente più apprezzati della passata edizione dell’Expo, testimone perfetto dell’eccellenza italiana.
 
L’Esposizione Universale dunque non è solo un’opera mastodontica fine a se stessa e i padiglioni non sono semplicemente dei contenitori stravaganti più o meno gradevoli alla vista il cui unico scopo è quello di fare da cornice a ciò che verrà esposto al loro interno, ma sono i primi depositari di quei valori di cultura, storia, innovazione e condivisione che verranno approfonditi durante tutta la durata della manifestazione.
 

 

MGD
 

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